Late Breaking Clinical Trials

Sicurezza e tollerabilità dell’inibitore orale diretto del fattore Xa darexaban in pazienti con SCA: il trial RUBY-1


I risultati del trial di fase 2 RUBY-1 [NCT00994292] hanno documentato un incremento di 4 volte delle emorragie per l'utilizzo dell'inibitore orale diretto del fattore Xa darexaban in aggiunta al trattamento standard (aspirina con o senza clopidogrel) per la prevenzione secondaria di eventi ischemici vascolari in pazienti con una recente sindrome coronarica acuta (SCA). Questi risultati sono in linea con quanto documentato con altri inibitori del fattore Xa nelle SCA e non sono dunque del tutto inattesi in questo studio di fase 2 per la valutazione della sicurezza di differenti regimi di dosaggio del darexaban rispetto al placebo.

Gabriel Steg, MD (Hôpital Bichat, Université Paris Diderot, Parigi, Francia), che ha presentato i risultati del trial RUBY-1 al Congresso ESC 2011, ha sostenuto che sarà necessario disegnare uno studio successivo di fase 3 per la valutazione della sicurezza di dosaggi inferiori di darexaban nella prevenzione degli eventi cardiaci maggiori dopo una SCA, sempre in associazione con la doppia terapia antiaggregante, al fine di trarre conclusioni definitive circa la possibilità di ottenere una riduzione del rischio ischemico in questi pazienti senza un rischio emorragico inaccettabile.

Lo studio RUBY-1 è un trial prospettico di fase 2, multicentrico, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco, con dosi multiple e con disegno per gruppi paralleli, della durata di 26 settimane, su 1279 pazienti con recente NSTEMI (non ST-segment elevation myocardial infarction, infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST) o STEMI (ST-segment elevation myocardial infarction, infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST).

I criteri di esclusione comprendevano la necessità di terapia anticoagulante, la somministrazione di fibrinolitici, di antagonisti recettoriali della glicoproteina llb/lllA o di altri farmaci antiaggreganti (erano concessi aspirina e clopidogrel), un elevato rischio emorragico, un ictus o un attacco ischemico transitorio nei 12 mesi precedenti l'evento indice e una pressione arteriosa sistolica persistentemente ≥160 mmHg e/o una pressione arteriosa diastolica persistentemente ≥100 mmHg. Dopo la sospensione della terapia antitrombotica parenterale, i pazienti venivano assegnati a uno dei seguenti sei regimi di dosaggio del darexaban (5 mg due volte al giorno, 10 mg una volta al giorno, 15 mg due volte al giorno, 30 mg una volta e due volte al giorno, 60 mg una volta al giorno) o placebo in aggiunta alla doppia antiaggregazione. L'endpoint primario dello studio era l'incidenza di eventi emorragici maggiori o non maggiori, ma clinicamente rilevanti. Endpoint secondari comprendevano un endpoint composito costituito da mortalità globale, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale e recidiva ischemica grave.

All'incirca il 70% dei soggetti arruolati presentavano uno STEMI e quasi i tre quarti erano stati trattati con PCI prima dell'arruolamento nello studio. L'età media era di 57 anni e l'80% dei pazienti era di sesso maschile. All'incirca il 96% dei soggetti era in doppia antiaggregazione con aspirina e clopidogrel. Del 23% dei pazienti che hanno interrotto prematuramente il trattamento, 137 (11%) lo hanno fatto per eventi avversi, più frequenti nei gruppi che assumevano i dosaggi di darexaban più elevati. Gli eventi avversi totali erano sovrapponibili nei due gruppi, comprese le alterazioni dei livelli di enzimi epatici e bilirubina.

Gli eventi emorragici maggiori e non maggiori, ma clinicamente rilevanti, a 6 mesi sono risultati in maggior numero in tutti i gruppi in darexaban rispetto al gruppo di controllo (HR globale, 2,28; IC al 95% fra 1,13 e 4,60; p = 0,022) [Steg PG et al. Eur Heart J Aug 30 2011].  Era evidente una correlazione dose-risposta (p = 0,009) per un aumento del tasso di emorragie parallelo all'incremento del dosaggio del darexaban. Inoltre, l'assunzione del farmaco per due volte al giorno è risultata associata con un tasso superiore di emorragie, rispetto all'assunzione del medesimo dosaggio per una volta al giorno (sia per i 10 mg, che per il 30 mg, che per i 60 mg).

Rispetto al placebo (3,1%), l'incremento delle emorragie è risultato statisticamente significativo (p = 0,002) per la dose di 30 mg per due volte al giorno (11,3%; Figura 1). Nessun paziente ha presentato una emorragia fatale o una emorragia endocranica. Le emorragie maggiori secondo la definizione TIMI erano ridotte in tutti i gruppi; tuttavia, il tasso di tutte le emorragie TIMI seguiva il medesimo andamento dose-dipendente osservato per l'endpoint primario. Non sono state rilevate differenze per quanto riguarda l'endpoint composito di efficacia costituito da mortalità globale, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale e recidiva di ischemia grave in tutti i gruppi di dosaggio del darexaban, singolarmente o in associazione, rispetto al placebo (p  =  NS).

Il darexaban è un nuovo anticoagulante inibitore orale del fattore Xa, simile a rivaroxaban e apixaban. Se il trial di fase 3 APPRAISE-2, che ha valutato l'apixaban nelle SCA, è stato interrotto precocemente per un rischio emorragico eccessivo, lo studio ATLAS-2 sul rivaroxaban nelle SCA è tuttora in corso. I risultati di questi studi di fase 3 ci aiuteranno a comprendere se esista un ruolo per la terapia anticoagulante orale in aggiunta alla doppia antiaggregazione nei pazienti con SCA e quale sia l'agente più appropriato in questo contesto.

 

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