Late Breaking Clinical Trials

Studio ASCOT-LLA: le statine riducono la mortalità non cardiovascolare otto anni dopo il termine dello studio?


I nuovi dati del follow-up a lungo termine dello studio Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Trial- Lipid-Lowering Arm (ASCOT-LLA) documentano che un pregresso trattamento con atorvastatina è associato con una riduzione del rischio di mortalità globale rispetto al placebo a 8 anni dall'interruzione precoce del trial e a 11 anni dalla randomizzazione iniziale.

Nel 2003, un'analisi ad interim dello studio ASCOT-LLA mostrò che l'atorvastatina riduceva significativamente il rischio di malattia coronarica (MC; riduzione del rischio relativo [RRR] 36%) e di ictus (RRR 27%) rispetto al placebo in pazienti ipertesi che assumevano concomitante terapia anti-ipertensiva: per questo motivo, il trial fu interrotto prima del termine previsto [Sever PS et al. Lancet 2003]. Il sottogruppo dei pazienti arruolati nel Regno Unito è stato seguito ancora per 8 anni dopo la fine dello studio, continuando ad assumere il trattamento in aperto su prescrizione dei sanitari locali. Peter S. Server, dell'Imperial College (Londra, Regno Unito) ha presentato i dati di mortalità relativi all'intero periodo di follow-up di 11 anni, partendo dal momento della randomizzazione iniziale.

Nel trial ASCOT-LLA, 10.305 pazienti ipertesi e colesterolemia totale ≤250 mg/dl sono stati randomizzati a 10 mg/die di atorvastatina o a placebo. Dopo un follow-up mediano di 3,3 anni, questo studio è stato interrotto precocemente per gli evidenti benefici dell'atorvastatina, che ha ottenuto una riduzione dell'endpoint composito primario, costituito da infarto miocardico (IM) non fatale e MC fatale, del 36% rispetto al placebo (hazard ratio [HR] 0,64; IC al 95% fra 0,50 e 0,83; p = 0,0005). In quel momento, non era evidente alcuna differenza fra i gruppi in termini di mortalità globale (HR 0,87; IC al 95% fra 0,71 e 1,06) o mortalità cardiovascolare (HR 0,90; IC al 95% fra 0,66 e 1,23).

Dopo la fine dell'ASCOT-LLA, gli autori hanno continuato a raccogliere i dati di mortalità nella coorte britannica (n = 4605), con un follow-up totale mediano di 11 anni. I dati di mortalità sono stati resi disponibili dal UK Office for National Statistics e dal General Register Office for Scotland, e la causa di morte è stata classificata in base al referto del certificate di morte.

Alla fine dell'estensione dell'ASCOT-LLA, la maggior parte dei pazienti inizialmente randomizzati ad atorvastatina ha continuato ad assumere l'atorvastatina (63%), mentre una minoranza (4%) era in trattamento con un'altra statina. Anche la maggior parte del gruppo in placebo ha iniziato ad assumere atorvastatina (56%), mentre un ridotto numero di pazienti era in terapia con un'altra statina (7%).

Per gli 11 anni del follow-up mediano dello studio ASCOT-LLA, il rischio di mortalità globale è stato del 14% inferiore per coloro che erano stati inizialmente assegnati all'atorvastatina rispetto al gruppo di controllo (HR 0,86; IC al 95% CI fra 0,76 e 0,98; p = 0,02). Il beneficio di sopravvivenza è risultato correlato con una riduzione delle morti non cardiovascolari (HR 0,85; IC al 95% fra 0,73 e 0,99; p = 0,03). In particolare, i pazienti inizialmente randomizzati ad atorvastatina avevano un inferiore rischio di morte a lungo termine per infezioni e patologie respiratorie (HR 0,64; IC al 95% fra 0,42 e 0,97; p = 0,04; Figura 1. Incidenza cumulativa di mortalità dovuta a infezioni e patologie respiratorie). Non sono emerse differenze riguardo la morte per cause cardiovascolari (HR 0,89; IC al 95% fra 0,72 e 1,11; p = 0,32).

Queste osservazioni dello studio ASCOT-LLA esteso possono suggerire un beneficio in termini di riduzione della mortalità dell'atorvastatina, il che potenzia e sottolinea ulteriormente il favorevole profilo prognostico delle statine. Il meccanismo attraverso cui il trattamento con una statina possa ridurre il rischio di infezione e morte non cardiovascolare a lungo termine non è chiaro; inoltre, trattandosi di dati osservazionali, non randomizzati, che le statine possano ridurre il rischio di sepsi o morte per cause infettive andrà verificato ulteriormente in studi prospettici disegnati ad hoc.

 

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Sever P et al. Eur Heart J 2011. doi:10.1093/eurheartj/ehr333

 

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