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Controversie sui lipidi: oltre le statine e il colesterolo LDL


Marja-Riitta Taskinen, dell'Ospedale Universitario di Helsinki (Helsinki, Finlandia), ha discusso del ruolo della terapia farmacologica nei soggetti che presentano elevati livelli di trigliceridi (TG) e normali livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL), con particolare riguardo al miglioramento della prognosi clinica eventualmente correlato a tale trattamento. I dati attualmente disponibili circa i benefici prognostici dei farmaci in grado di ridurre i livelli di TG in aggiunta alle statine sono limitati.

Un'analisi post hoc del trial PROVE IT-TIMI 22, che ha randomizzato pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) a un trattamento aggressivo con statine rispetto a una dose standard, ha documentato che il raggiungimento di un livello di TG < 150 mg/dl era correlato in maniera indipendente con una riduzione del rischio di recidiva di eventi legati alla malattia coronarica, dando supporto al concetto che il raggiungimento di livelli contenuti di TG può costituire un target ulteriore, oltre la riduzione del C-LDL, nei pazienti che hanno presentato una SCA [Miller M. J Am Coll Cardiol 2008].

Lo studio Fenofibrate Intervention and Event Lowering in Diabetes (FIELD), che ha randomizzato 9795 pazienti con diabete mellito di tipo 2 e dislipidemia a fenofibrato o placebo, ha documentato l'assenza di riduzione dell'endpoint primario, costituito dagli eventi coronarici, con il fenofibrato (p = 0,16) [Keech A et al. Lancet 2005]. Se il risultato finale globale dello studio era neutro, un'analisi esplorativa relativa ai soli pazienti con una ipertrigliceridemia grave, soprattutto coloro che presentavano le caratteristiche della sindrome metabolica, ha evidenziato un beneficio [Scott R. Diabetes Care 2009]. Anche Sacks et al. [Sacks FM et al. N Engl J Med 2010] hanno documentato che il trattamento con i fibrati, in associazione con una statina, non comportava benefici in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari rispetto alla sola terapia con statine nei pazienti con diabete di tipo 2 (risultati dell'analisi primaria del trial ACCORD). C'era tuttavia una evidenza non significativa di eterogeneità nei pazienti con elevati TG e ridotti livelli di C-HDL (colesterolo legato alle lipoproteine ad alta densità) (p per l'interazione 0,057).

Chapman et al. [Chapman MJ et al. Eur Heart J 2011] hanno osservato che, perfino dopo il raggiungimento del livello target di C-LDL, i pazienti con anomalie del profilo lipidico restavano a elevato rischio di eventi cardiovascolari (CV). Nello studio PROCAM, circa la metà dei pazienti sopravvissuti a un infarto miocardico (IM) presentava elevati livelli di TG (200 mg/dl) e/o ridotti livelli di C-HDL (< 40 mg/dl) rispetto ai controlli corrispondenti. Tale tipo di dislipidemia si associava con un aumento del rischio CV, perfino nei pazienti che raggiungevano i livelli target di C-LDL [Assmann G et al. Diab Vasc Dis Res 2010].

Taskinen ha sottolineato che gli individui ad alto rischio restavano sempre a rischio elevato di eventi CV anche dopo aver raggiunto i livelli target di C-LDL. Elevati TG, come marcatore di lipoproteine ricche di TG, e ridotti livelli di C-HDL, sono stati ritenuti implicati in tale aumento del rischio CV. Taskinen ha proseguito sottolineando che una trigliceridemia elevata (≥150 mg/dl) e/o ridotti livelli di C-HDL (< 40 mg/dl) dovrebbero indurre a considerare trattamenti ulteriori [Chapman MJ et al. Eur Heart J 2011].

Se c'è un'evidenza osservazionale ed epidemiologica di un'associazione fra TG e prognosi, i benefici osservati con trattamenti specifici per i TG hanno fornito risultati modesti e vari, soprattutto se messi a confronto con i comprovati benefici delle statine.


Il colesterolo HDL costituisce un target per il trattamento?

M. John Chapman, dell'Università Pierre e Marie Curie (Parigi, Francia), ha sostenuto che sia il tipo che la quantità di C-HDL può essere importante, ricordando che il ruolo delle HDL va oltre il trasporto inverso di colesterolo, e ha presentato dati relativi alle proprietà antiossidanti e antiinfiammatorie di tali particelle.

Le attuali evidenze osservazionali suggeriscono una relazione causale fra rischio CV, elevati livelli di lipoproteine ricche di TG e ridotti livelli di C-HDL [MJ Chapman. Eur Heart J 2011]. Wolfram et al. [Wolfram RM et al. Am J Cardiol 2006] hanno dimostrato che i pazienti con ridotti livelli di C-HDL (< 40 mg/dl negli uomini; < 45 mg/dl nelle donne) hanno una probabilità di tre volte superiore di morire dopo una SCA (RR, 0,33; p = 0,033).

Se il trattamento con statine riduce il rischio di eventi CV nei pazienti con ridotte HDL, non annulla tuttavia il rischio associato con tale parametro lipidico. Barter et al. [Barter PJ et al. N Engl J Med 2007] hanno documentato che i livelli di C-HDL predicevano gli eventi CV maggiori nei pazienti in terapia con statine. Similmente, Sazonov et al. [Sazonov V. Atherosclerosis 2010] hanno rilevato che, nei pazienti in trattamento con una statina, se i tassi globali di eventi avversi erano inferiori rispetto ai soggetti che non assumevano statine, elevati livelli di C-LDL, ridotti livelli di C-HDL e/o elevati livelli di TG erano comunque correlati a un aumento significativo del rischio di eventi CV e/o cerebrovascolari rispetto ai pazienti con parametri lipidici entro i target stabiliti (HR, 1,24; IC al 95% fra 1,06 e 1,46; p = 0,006).

Un recente documento di consenso della European Atherosclerosis Society ha passato in rassegna l'evidenza relativa al rischio correlato a un profilo lipidico caratterizzato da elevati livelli di lipoproteine ricche di TG e ridotti livelli di C-HDL [Chapman JM et al. Eur Heart J 2011]. Gli autori hanno concluso che i dati al momento disponibili suggeriscono che i TG e le particelle remnant di TG, associate con bassi livelli di C-HDL, hanno un ruolo causale nella comparsa ci aterosclerosi coronarica o periferica premature.

Recenti applicazioni della proteomica mediante spettrometria di massa hanno fornito nuovi dati circa la complessità delle lipoproteine della famiglia HDL, rilevando oltre 50 distinte proteine associate alle HDL. Molte proteine hanno funzioni note che non si adattano facilmente al paradigma del trial controllato e randomizzato (Figura 1) [Gordon SM et al. Trends Endocrinol Metab 2011].

Alcuni dati mettono in correlazione le HDL con l'immunità innata e le vie proteolitiche coinvolte nell'infiammazione e nella coagulazione. L'importanza di queste scoperte è stata sottolineata dalla dimostrazione che i profili proteomici delle HDL sono alterati nei pazienti con malattie cardiovascolari e possono perfino risultare modificati dalle terapie ipolipemizzanti [Gordon SM et al. Trends Endocrinol Metab 2011].


Inibizione della CEPT: pro e contra

Philip Barter, affiliato all'Heart Research Institute (Sydney, Australia), ha fornito un aggiornamento su una nuova classe di farmaci che aumentano i livelli di HDL, vale a dire gli inibitori della CEPT (cholesterol ester transfer protein).

Barter ha spiegato che l'inibizione della CEPT comporta un incremento dei livelli di C-HDL e di apoA-1, una riduzione di C-LDL e di apoB e una riduzione del contenuto lipidico delle lipoproteine a densità molto bassa, in quanto provoca il trasferimento di esteri del colesterolo dalle HDL ad altre lipoproteine [Barter P et al. Biochem Biophys Acta 1978]. Tale classe di farmaci modula anche il trasporto inverso di colesterolo [Barter P. Biochem J 1982].

Una metanalisi relativa ai genotipi della CEPT in soggetti affetti da cardiopatia ischemica ha documentato che esistono polimorfismi associati con una massa e un'attività della CEPT inferiori e che questi si associano con maggiori livelli di C-HDL e una significativa riduzione del rischio coronarico [Thompson A et al. JAMA 2008].

Tuttavia, l'inibizione della CETP nella specie umana con il torcetrapib non solo ha fallito in termini di riduzione dell'aterosclerosi in 3 trial di imaging, ma ha comportato un aumento, piuttosto che una riduzione, degli eventi cardiovascolari in un trial clinico di ampie dimensioni

(ILLUMINATE) [Barter P et al. N Engl J Med 2007]. Questa prognosi sfavorevole si può spiegare in due modi alternativi: 1) un effetto sfavorevole del torcetrapib indipendente dall'azione sul metabolismo lipidico (come per esempio un incremento dei valori pressori mediato dall'aldosterone); 2) un effetto sfavorevole legato al meccanismo di incremento del C-HDL di per sé.

I farmaci inibitori della CEPT in corso di studio in trial clinici di grandi dimensioni comprendono dalcetrapib e anacetrapib. Il trial dal-OUTCOMES sta valutando l'efficacia e la sicurezza del dalcetrapib in 15.600 pazienti con SCA recente [Schwartz GG et al. Am Heart J 2009]. Nel trial DEFINE, uno studio di sicurezza di fase II sull'anacetrapib, il trattamento non ha comportato effetti avversi su pressione arteriosa, elettroliti e livelli di aldosterone. Un'analisi bayesiana prespecificata ha indicato che la distribuzione degli eventi nel trial DEFINE fornisce una probabilità predittiva (confidenza) del 94% che l'anacetrapib non è associato con l'incremento del 25% degli eventi cardiovascolari osservati nel trial con il torcetrapib [Cannon CP et al. N Engl J Med 2010]. L'efficacia e la sicurezza dell'anacetrapib è in corso di valutazione in un trial cardiovascolare prognostico di grandi dimensioni, chiamato REVEAL.

Secondo quanto sostenuto da Barter, gli inibitori della CEPT costituiscono una promettente aggiunta alle altre categorie di farmaci ipolipemizzanti oggi conosciuti, ma dovranno passare ancora alcuni anni per appurare dai trial clinici attualmente in corso se questa promessa sarà mantenuta in ambito clinico.

In effetti, se esistono forti dati osservazionali ed epidemiologici a sostegno di un'associazione fra ridotti livelli di C-HDL ed eventi cardiovascolari avversi, non abbiamo ancora alcuna certezza circa l'efficacia di una strategia farmacologica mirata ad aumentare i livelli di C-HDL, soprattutto in aggiunta al trattamento basale con statine. 

Di recente, lo studio AIM-HIGH (Atherothrombosis Intervention in Metabolic Syndrome with Low HDL Cholesterol/High Triglyceride and Impact on Global Health Outcomes), che ha randomizzato 3414 pazienti con malattie cardiovascolari, elevati livelli di TG e ridotti livelli di HDL a niacina a rilascio controllato in aggiunta a una statina già assunta in precedenza, è stato interrotto precocemente (18 mesi prima del previsto) perché la niacina non ha comportato alcun vantaggio. Inoltre, è stato documentato un maggior numero di ictus con la niacina (28 vs. 12). Analisi esplorative ulteriori di questo studio saranno importanti per comprendere se esistano specifici sottogruppi che beneficiavano della niacina.

Globalmente, se dati osservazionali mostrano in maniera riproducibile una correlazione fra elevati livelli di TG/ridotti livelli di HDL e prognosi avversa, i farmaci che hanno come target questi parametri lipidici non riescono a ottenere significativi miglioramenti clinici. In attesa dei risultati dei trial attualmente in corso sugli inibitori della CEPT, la terapia con statine a dosaggi adeguati per il raggiungimento dei target prestabiliti di C-LDL resta il caposaldo del trattamento ipolipemizzante dei soggetti a rischio di eventi cardiovascolari.