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Oltre le linee-guida: nuove evidenze nella FA


Nonostante la crescente prevalenza della fibrillazione atriale (FA), non esiste alcuna metodica affidabile per la diagnosi di FA in individui asintomatici. Tale incertezza diagnostica costituisce una sfida per l'implementazione di importanti provvedimenti terapeutici, come per esempio la strategia di controllo della frequenza versus controllo del ritmo, o la terapia anticoagulante in pazienti asintomatici [Eitel C et al. Europace 2011]. Gerhard Hindricks, dell'Università di Leipzig, (Leipzig, Germania), ha discusso nuovi sviluppi per la diagnosi della FA.

Per valutare efficienza e limiti dei metodi attualmente disponibili, i ricercatori hanno seguito due approcci promettenti: 1) registratore di eventi impiantabile (implantable loop recorder [ILR]) e altre tecnologie di monitoraggio del ritmo; 2) analisi del substrato, come base potenziale per una terapia individualizzata.

Novità relative ai sistemi di monitoraggio del ritmo cardiaco

Sono stati compiuti significativi progressi nell'ambito dei sistemi di monitoraggio del ritmo cardiaco, con la messa a punto di algoritmi dedicati alla diagnosi della FA, che rilevano la FA grazie al riconoscimento della variabilità R-R. Nel trial Xpect, il burden di FA misurato mediante dispositivi di monitoraggio del ritmo (DMR) era significativamente correlato con il valore di riferimento derivato dal monitoraggio Holter (coefficiente di Pearson = 0,97). L'accuratezza globale dei DMR per la diagnosi di FA era del 98,5% [Hindricks G et al. Circ Arrhythm Electrophysiol 2010].

Hindricks ha spiegato che il ruolo degli ILR per la diagnosi di FA è al momento limitato dalla mancanza di dati a sostegno della loro efficacia, in particolare: mancano dati di confronto diretto con le tecniche di monitoraggio esterno, non esistono prove che gli ILR siano superiori alle attuali metodiche per la diagnosi di FA, non siamo in grado di identificare le popolazioni di pazienti che possono beneficiare degli ILR, e non esistono evidenze scientifiche che gli ILR possano migliorare la qualità della vita o importanti parametri clinici prognostici correlati alla FA (riduzione del rischio di ictus).

Per rispondere a tali quesiti, sono state messe a punto nuove tecnologie di ILR. Questi dispositivi innovativi rilevano automaticamente le aritmie mediante elettrodi multipli e archiviano in memoria i tracciati delle aritmie per la conferma diagnostica. Inoltre, essi registrano e archiviano i tracciati ECG anche in seguito ad attivazione da parte del paziente e sono dotati di telemonitoraggio wireless (Figura 1).

Una nuova tecnologia è costituita dai dispositivi iniettabili. Queste unità costituiscono meno del 10% dell'attuale volume di dispositivi e assicurano fino a due anni di copertura completa per il monitoraggio del ritmo. I nuovi monitor esterni monouso per la diagnosi di FA assicurano 14 giorni di monitoraggio continuo del ritmo su un canale, rispetto ai tre canali combinati in una singola uscita degli ILR.



Tecnologie per l'identificazione del substrato

La risonanza magnetica nucleare (RMN) costituisce una promettente modalità di identificazione del substrato: in particolare, la presenza di fibrosi a livello dell'atrio sinistro costituisce un'anomalia fortemente associata con la FA. Questo approccio può assicurare una migliore comprensione dello stadio della malattia atriale nei singoli pazienti. La qualità dell'analisi del substrato dipende dalla capacità della RMN di identificare la fibrosi atriale e questo è possibile analizzando il delayed-enhancement alla RMN cardiaca con gadolinio [Oakes RS et al. Circulation 2009; Badger TJ et al. Circ Arrhythm Electrophysiol 2010; Vergara GR, Marrouche NF. J Cardiovasc Electrophysiol 2011].

Novità circa la terapia anticoagulante orale

La FA è una causa frequente di ictus ischemico e attacco ischemico transitorio [Rizos T et al. Cerebrovasc Dis 2011]. All'incirca l'1% della popolazione presenta FA e la prevalenza di tale aritmia è in progressivo incremento con l'invecchiamento della popolazione [Font MA et al. Stroke Res Treat 2011]. Lars Wallentin, dell'Uppsala Clinical Research Center (Uppsala, Svezia), ha discusso le nuove terapie antitrombotiche per la prevenzione dell'ictus nella FA.

Gli anticoagulanti orali (ACO) sono molto efficaci in termini di riduzione del rischio di ictus nei pazienti con FA; ciononostante, una ACO cronica viene prescritta in meno della metà dei pazienti con FA che hanno fattori di rischio per fenomeni cardioembolici e assenza di controindicazioni per l'anticoagulazione [Font MA et al. Stroke Res Treat 2011].

Il warfarin e gli antagonisti orali della vitamina K sono i trattamenti più diffusamente utilizzati per la prevenzione degli eventi tromboembolici legati alla FA. La terapia con gli antagonisti della vitamina K, tuttavia, ha delle significative limitazioni, fra cui la necessità di un continuo monitoraggio di routine, la presenza di numerose interazioni alimentari e farmacologiche e il rischio di emorragie endocraniche. Sembra che i più recenti anticoagulanti orali che inibiscono il fattore IIa (per es., dabigatran) e il fattore Xa (per es., rivaroxaban, apixaban, edoxaban) siano più sicuri ed efficaci con importanti benefici, come per esempio una riduzione del rischio di emorragie pericolose e l'assenza del ricorso a un monitoraggio continuo di routine. Sono in corso di sviluppo molti nuovi anticoagulanti che hanno come target diversi fattori della cascata coagulativa.

I due agenti che al momento sono nelle più avanzate fasi di sviluppo sono il dabigatran etexilato (approvato dalla Food and Drug Administration statunitense e in Europa e Canada) [Connolly SJ et al. N Engl J Med 2009] e il rivaroxaban [Patel MR et al. N Engl J Med 2011]. Essi inibiscono la trombina e il fattore Xa, rispettivamente. Anche un recente studio di fase 3 per l'inibitore del fattore Xa apixaban ha ottenuto risultati molto promettenti [Granger CB et al. N Engl J Med 2011]. Altri agenti in fasi più precoci di sviluppo comprendono diversi inibitori del fattore Xa (betrixaban, darexaban, eribaxaban [PD 0348292], LY 517717, and TAK 442) e un inibitore della trombina (AZD 0837) [Eriksson BI et al. Clin Pharmacokinet 2009 Eriksson BI et al. Clin Pharmacokinet 2009].

Sono anche in corso (in parte sono stati pubblicati) 3 trial di fase 3 di grandi dimensioni: ROCKET AF (rivaroxaban), ARISTOTLE (apixaban), ENGAGE-AF (edoxaban). Si tratta di studi di non inferiorità in doppio cieco che utilizzano il warfarin come termine di confronto. Gli endpoint primari sono ictus e/o embolie sistemiche; l'endpoint primario di sicurezza è costituito dalle emorragie. Nel trial ROCKET AF, l'endpoint primario nella coorte per-protocol si è verificato in 188 pazienti del gruppo in rivaroxaban (1,7% per anno) e in 241 pazienti del gruppo in warfarin (2,2% per anno; HR, 0,79; IC al 95% fra 0,66 e 0,96; p < 0,001 per la non inferiorità). Tuttavia, includendo tutti gli eventi, a seconda che i pazienti fossero in terapia oppure no (coorte intention-to-treat), non sono state riscontrate differenze dell'endpoint primario fra rivaroxaban e warfarin (2,1% per anno vs. 2,4% per anno; p = 0,12). Emorragie maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti si sono verificate in 1475 pazienti del gruppo in rivaroxaban (14,9% per anno) e in 1449 pazienti del gruppo in warfarin (14,5% per anno; HR, 1,03; IC al 95% fra 0,96 e 1,11; p = 0,44), con riduzioni significative del tasso di emorragie endocraniche (0,5% vs. 0,72%; p = 0,02) e di emorragie gravi (0,2% vs. 0,5%; p = 0,003) nel gruppo in rivaroxaban rispetto al gruppo in warfarin. Gli autori hanno concluso che non sono emerse significative differenze fra i gruppi per quanto riguarda il rischio di emorragie maggiori, sebbene sia stata documentata una minore frequenza di emorragie fatali nel gruppo in rivaroxaban [Patel MR. et al. N Engl J Med 2011].

Con l'apixaban (ARISTOTLE), il tasso dell'endpoint primario è risultato ridotto in maniera significativa dell'1,27% per anno rispetto all'1,60% per anno del gruppo in warfarin (HR con l'apixaban, 0,79; IC al 95% fra 0,66 e 0,95; p < 0,001 per la non inferiorità; p = 0,01 per la superiorità) all'analisi intention-to-treat. Anche il tasso di emorragie maggiori risultava ridotto con l'apixaban, del 2,13% per anno rispetto al 3,09% per anno nel gruppo in warfarin (HR, 0,69; IC al 95% fra 0,60 e 0,80; p < 0,001). Inoltre, l'apixaban è il primo fra i nuovi anticoagulanti che riduce la mortalità globale nella FA (3,52% vs. 3,94%, HR, 0,89; IC al 95% fra 0,80 e 0,99; p = 0,047). Se il tasso di ictus emorragico si riduceva in maniera sostanziale con l'apixaban (0,24% per anno vs. 0,47% per anno nel gruppo in warfarin, HR, 0,51; IC al 95% fra 0,35 e 0,75; p < 0,001), non c'erano differenze nel tasso di ictus ischemico e in quello di tutti i tipi di ictus (97% per anno nel gruppo in apixaban e 1,05% per anno nel gruppo in warfarin (HR, 0,92; IC al 95% fra 0,74 e 1,13; p = 0,42) [Granger CB et al. N Engl J Med 2011].

Wallentin ha terminato la sua presentazione sottolineando che tre nuovi anticoagulanti per i quali sono stati terminati con successo studi di fase 3 (dabigatran, rivaroxaban, apixaban) mostrano un'efficacia promettente e una sicurezza eccellente rispetto al warfarin nei pazienti con FA. Al momento attuale, solo il dabigatran è stato approvato per essere utilizzato nella FA; gli altri due sono in corso di valutazione da parte delle autorità che regolano la commercializzazione dei farmaci in tutto il mondo. Le future scelte farmacologiche dipenderanno da un attento bilanciamento di rischi e benefici. Altri fattori da tenere in conto comprendono aspetti specifici legati al singolo farmaco, come per esempio cinetica di eliminazione, effetti collaterali, sopravvivenza, preferenze del paziente, e aspetti economici.

 

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